Riflessione su don Tonino Bello, il vescovo della “Chiesa con il grembiule”

di don Enzo Cozzolino

25 novembre 2021: don Tonino Bello diventa venerabile.

Per “Don Tonino” Bello, il vescovo della “Chiesa con il grembiule”, si è aperto un passaggio importante verso la gloria degli altari. Il Papa, che aveva pregato sulla tomba del vescovo nel 2018, ora, incontrando il Prefetto della Congregazione delle cause dei Santi, il Cardinale Marcello Semeraro, ha autorizzato la promulgazione del decreto che riconosce le sue virtù.

 

Cenni biografici

Antonio Bello nasce ad Alessano (Lecce) il 18 marzo 1935, venendo battezzato il 15 aprile. Dopo aver frequentato il liceo classico presso il Pontificio Seminario Regionale “Pio XI” di Molfetta, nel settembre 1953 si trasferisce a Bologna nel Seminario dell’Onarmo per i Cappellani del lavoro, frequentando i corsi di Teologia presso il Pontificio Seminario regionale “Benedetto XV” a Bologna. Ordinato sacerdote, l’8 dicembre 1957 ad Alessano, il 26 settembre di due anni dopo consegue la licenza in Teologia presso la Facoltà Teologia di Venegono e il 3 luglio 1965 si laurea in teologia alla Pontificia Università Lateranense. Ricopre il ruolo di rettore del Seminario vescovile di Ugento e di vicario episcopale per la cultura. Dopo l’esperienza come parroco, il 10 agosto 1982 è nominato vescovo di Molfetta, Giovinazzo e Terlizzi e il 30 settembre anche di Ruvo di Puglia. Si occupa di pastorale del turismo e di vigilanza nella formazione spirituale e nella disciplina nel Pontificio Seminario Regionale “Pio XI” di Molfetta e nel 1984 diviene responsabile della “Pastorale del lavoro e dell’emigrazione”. Dal 1985 è presidente di Pax Christi Italiana e dal 1987 è incaricato nella Conferenza Episcopale Pugliese del settore “giustizia e pace”. Muore a Molfetta il 20 aprile 1993. È sepolto nel Cimitero di Alessano.

L’iter per la sua beatificazione si è aperto a livello diocesano il 30 aprile 2010 con la prima seduta pubblica nella Cattedrale di Molfetta. Oggi, 25 novembre, 2021, il via libera del Papa al decreto che ne riconosce le virtù eroiche. Monsignor Antonio Bello diventa venerabile.

 

Pastore, poeta, sempre dalla parte degli ultimi

Un amico, un compagno di viaggio, un pastore. Semplicemente un uomo. Monsignor Antonio Bello, per tutti don Tonino, è stato tante vite in una sola, unificate dall’amore a Dio e alla Chiesa, nel segno dell’attenzione privilegiata ai poveri, così come insegna il Vangelo. Apostolo della “Chiesa con il grembiule”, secondo una felice definizione, la sua anima sensibile e profonda si è tradotta in articoli giornalistici di forte impatto sociale, in preghiere nata dalla vita quotidiana, in poesie di struggente dolcezza spesso dedicate alla Vergine. Ma se chiedete a chi l’ha conosciuto vi dirà che di lui colpiva soprattutto la semplicità, il condividere l’esistenza comune della gente “normale”, l’avere la porta sempre aperta. Prima di casa, poi di parrocchia, infine in episcopio. A chi si rivolgeva a lui per un aiuto, per una parola di conforto, presentava sempre il Vangelo dell’antipaura quello che verrà letto domenica prossima, prima di Avvento: “Alzatevi… Levate il capo” (Lc 21, 25-28.34-36), come invito costante ad amare sempre l’uomo, ogni uomo, a partire dalla sua fragilità. «Capire i poveri era per lui vera ricchezza» – disse papa Francesco il 20 aprile 2018, e aveva ragione, perché i poveri sono realmente ricchezza della Chiesa. Nei suoi famosi “auguri scomodi” metteva in guardia dalle ipocrisie che nascondono le forme di attaccamento alla vita comoda e benestante, quindi fondamentalmente egoistica. La preghiera e la celebrazione del pane spezzato e condiviso sono condizione per fare dell’Eucarestia il pane di pace. Nel commento al famoso brano evangelico della cosiddetta moltiplicazione dei pani, don Tonino chiudeva: “il pane basta, non è la moltiplicazione che sfama, ma la divisione” che diventa così convivialità delle differenze, immagine di riferimento anche per il dialogo ecumenico e interreligioso. Tuttavia nel giorno in cui la Chiesa riconosce la venerabilità del vescovo pugliese, passo importante nel cammino verso gli altari, non si può dimenticare che le polemiche accompagnarono tante sue scelte. Ad esempio, il pellegrinaggio del 1992, quando, già malato di cancro, il 7 dicembre si imbarcò da Ancona insieme a 500 pacifisti per arrivare a Spalato e da qui raggiungere a piedi Sarajevo, da diversi mesi sotto assedio serbo in una sanguinosa guerra civile. La strada per la pace è «la nonviolenza attiva – disse in un cinema illuminato dalle candele perché mancava l’elettricità – gli eserciti di domani saranno questi: uomini disarmati». Un paradosso: “io sono un buono a nulla, ma capace di tutto, perché consapevole che, quanto più ci si abbandona a Dio, tanto più si riesce a migliorare la gente che ci sta attorno”.

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